venerdì 27 aprile 2012

MAI COSI' GRANDE IL DIVARIO NORD - SUD


LA   REPUBBLICA

«Non è possibile accettare che il foraggio destinato all' allevamento di cavalli di razza venga versato direttamente a ratti zoccole e pantegane che si mangiano poi anche i cavalli». Così Luciano Cafagna stigmatizzava lo scempio dei trasferimenti di risorse destinati al Mezzogiorno negli ultimi decenni. Questo tema è stato ripreso in un Convegno svolto in questi giorni alla presenza del Capo dello Stato, dedicato al tormentato rapporto tra il Mezzogiorno e il resto del Paese, nel corso del quale è stato discusso un recente rapporto della Svimez che consente di gettare luce su quegli sprechi ma anche di sfatare alcune leggende e luoghi comuni. Anzitutto quello secondo cui il divario tra Nord e Sud fosse già presente al momento dell' unità, come espressione di una inferiorità storica del Mezzogiorno. No, in quegli anni le due parti del Paese erano allo stesso livello di reddito pro capite. Il problema del dualismo fu affrontato in quella che possiamo considerare l' età dell' oro dell' intervento straordinario. Tra il 1950 e il 1975 il divario tra Nord e Sud si ridusse di venti punti. Dalla fine degli anni Settanta il divario è risalito sia perché sono entrati in crisi i settori su cui si era basata la crescita industriale del periodo precedente sia perché gli investimenti sono stati sostituiti da trasferimenti correnti che alimentano i consumi anziché le infrastrutture e la base industriale. Negli ultimi trent' anni il divario è risalito fino al 40 per cento nel 2009. Altra bugia di marca leghista: il trasferimento da tutto il Nord a tutto il Sud. No: sono cinque le regioni che registrano un deflusso netto di risorse. Certamente la Lombardia il Piemonte e il Veneto. Ma anche Emilia e Lazio, dunque «Roma ladrona». E ricevono cospicue risorse dall' esterno non solo le Regioni del Sud ma anche quelle del Nord come Trentino Friuli e Valle d' Aosta. Altra leggenda: se il Nord fosse liberato dal peso del Sud la sua economia ne trarrebbe vantaggio. Non è vero. Nel periodo durante il quale l' afflusso di risorse al Sud si è ridotto anche il Nord ha segnato un declino. Infine, un' altra bugìa: il Sud riceve risorse in proporzioni superiori alla sua popolazione. A parte che ciò sarebbe quanto mai opportuno, non è vero. La percentuale della spesa pubblica erogata al Nord costituisce il 70 per cento del totale a fronte di un 60 per cento della popolazione. Ciò che resta vero è che negli ultimi decenni il problema più drammatico non è più l' incontestabile insufficienza quantitativa di risorse economiche che affluiscono al Sud ma la degradazione delle risorse politiche: la degenerazione della classe politica meridionale e la terrificante diffusione dell' economia sommersa e dell' economia criminale e mafiosa: i ratti le zoccole e le pantegane. Non tanto la quantità delle risorse ma l' uso che se ne fa. Sia quanto al sommerso, molto più diffuso al Sud della media nazionale che colloca l' Italia al secondo posto tra i Paesi dell' Ocse, sia quanto all' economia criminale che registra negli ultimi trent' anni una vasta tracimazione al nord di quelle mafie che secondo il Presidente degli Stati Uniti occupano le prime posizioni tra le potenze criminali del mondo. Giuseppe Mazzini aveva detto: «L' Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà». Il vaticinio rischia di realizzarsi nel modo più devastante. Qual è la risposta leghista a questo drammatico problema? Il federalismo? Ma quale? Quello risorgimentale, unitario e solidale, dei Dorso e dei Salvemini, un abbraccio storico, o quello ringhioso e separatista dei Bossi e dei Maroni? Centocinquant' anni fa i ragazzi bergamaschi costituirono il nucleo forte dei Mille. Oggi sono bergamaschi alcuni di quei barbari sognanti che, in mezzoa tanta brava gente, vanno in giro urlando e piangendo con un paio di orgogliose corna celtiche sulla testa. - GIORGIO RUFFOLO

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